«Alzi la mano chi, cittadino piemontese, conosce la Val Borbera. E il Monte Ebro, e il vicino Monte Chiappo, dove può accadere di essere con un piede in Piemonte, un piede in Emilia, una mano in Lombardia e l’altra in Liguria. Escludendo da un ipotetico sondaggio gli abitanti della Provincia di Alessandria sarebbero davvero pochi a dare segnali di assenso, perché pochi sono i cittadini della terra sabauda a sapere che in Piemonte c’è anche l’Appennino. È quasi un non luogo…una premessa di penisola nella regione alpina per antonomasia. […]
«Laggiù nel “profondo” sud-est, dove non è più Monferrato, e ancora non è Liguria. Dove i vigneti lasciano spazio ai boschi e alle rocce, dove le ordinate geometrie di filare cedono posto al “disordine” tipico di una Natura che si sta rigenerando. E sui crinali non ti attendono campanili e
Piemonte Parchi. Appennino Piemontese – Guida n.3 – Regione Piemonte
borgate ma solo il vento. E il mare. Già, il mare. Raggiunta una cima o un crinale te lo trovi di fronte e fatichi a conoscerlo, perché non pare acqua ma luce che cambia tonalità al procedere del giorno. Una dimensione liquida che non ti aspetti, un orizzonte inafferrabile che non ti spieghi, e per questo guardi altrove, a nord, alla ricerca di riferimenti certi»
Nella Terra delle 4 Province
4 Regioni, 4 province, 4 dialetti ma un unico repertorio musicale tradizionale legato al piffero, un oboe popolare con una storia millenaria. Nel territorio montano all’incrocio tra le Province di Alessandria, Genova, Piacenza e Pavia incominciano gli Appennini che disegnano la spina dorsale del Paese. Il toponimo Quattro Province si ritrova in alcuni studi di etno-musicologia degli anni ’70 per definire quest’area appenninica accomunata da uno stesso patrimonio di musica popolare. Solo di recente le popolazioni locali hanno iniziato a utilizzare il termine per indicare la zona, tanto nei suoi aspetti geografici quanto in quelli culturali.
Liguria, Emilia Romagna, Lombardia e Piemonte. A fare da cerniera, sta l’Appennino che, nel territorio delle “Quattro Province”, racchiude una terra ai margini: la Val Borbera, una delle zone più incontaminate del Piemonte. Questo angolo di montagna meno nota, in provincia di Alessandria, rappresenta una terra di mezzo: ieri e oggi crocevia di genti, popoli e culture, ma anche una terra di mezzo in senso geologico, interposta tra grandi masse continentali che si muovono l’una verso l’altra a partire dal tardo Giurassico.
Nonostante la sua strategica posizione geografica, che in passato ne ha fatto un crocevia di collegamento tra la pianura e il mare (la via del sale), e il suo straordinario patrimonio ambientale, artistico e storico, il territorio della Val Borbera possiede tutti i tratti delle “aree marginali”.
Il territorio è fatto di paesaggi affascinanti e selvatici anche grazie a una presenza umana rarefatta. La valle ha conosciuto un forte spopolamento negli anni dello sviluppo economico, quando i valligiani hanno lasciato le loro terre attratti dalle migliori condizioni di vita della pianura. Le tracce delle attività agricole sono però ancora riconoscibili su un territorio che sta in gran parte tornando dominio della vegetazione spontanea. Antiche baite in pietra, resti di mulini ad acqua, boschi governati per ricavare legna o carbone vegetale ricordano il passato: vicino o lontano dipende dall’approccio. Un abisso per i sociologi, un nulla per i geologi.
Le Strette
Le «Strette» sono state individuate come SIC (sito di interesse comunitario) e fanno parte integrante della rete di Natura 2.000. La superficie dell’area tutelata è di 1628 ettari compresa tra i 330 m s.l.m. del fondovalle e gli 850 dei monti circostanti. Profonde gole scavate nei millenni dal Borbera, affluente dello Scrivia, nel tratto da Pertuso a Persi. Imponenti muraglioni dei Conglomerati di Savignone, di età oligocenica, alternano pozze in cui fare il bagno ad estesi tratti in cui la corrente sfiora le caviglie. In questo canyon fatato, tra pareti rocciose dalle forme arrotondate che si inseguono all’orizzonte, la storia è da sempre protagonista.
Qui sorge l’area commemorativa della battaglia di Pertuso, vero e proprio “luogo geografico” della Memoria partigiana della valle ed uno delle tappe simbolo della Resistenza sull’Appennino Ligure – Piemontese. Percorrendo la provinciale, dapprima si incontra la ex-casa cantoniera, edificio che fu a lungo posto di blocco partigiano all’imbocco della valle e caposaldo strategico. Proseguendo, si attraversa il Ponte del Carmine, detto “Ponte rotto”, che i partigiani fecero saltare il 3 ottobre 1944, per impedire a mezzi corazzati nazifascisti di raggiungere l’alta valle. Qui, un cippo racconta delle sofferenze e dei sacrifici inflitti dalla guerra, alle genti della Val Borbera. Poco oltre, incastonata nelle balze rocciose a strapiombo sul Borbera, al limitare della strada, un’imponente lapide commemorativa, ricorda i nomi dei partigiani della Divisione “Pinan-Cichero”, caduti nella Guerra di Liberazione. Giunti all’abitato di Pertuso, un’imponente stele, opera di Nicola Neonato Pollaiolo, celebra il valore dei combattenti Garibaldini della zona, reparto per reparto, ed il coraggio delle popolazioni che li sostennero.
Le cime
In alta Val Borbera, tra i 1500 e i 1700 metri, è Capanne di Cosola il punto di incontro delle quattro province. Il crinale raggiunge da un lato i Monti Ebro e Chiappo, Zona di Protezione Speciale con praterie sommitali lungo antichi percorsi, seguiti già in epoca romana e medioevale. Dall’altro lato il crinale arriva fino al Monte Antola. Notevole la vista sulla cerchia alpina e sul Mar Ligure. Scrutando il cielo si può scorgere il gheppio che fa lo “spirito santo”, il falco pecchiaiolo e, più di rado, l’aquila reale.